Ieri ho visto in TV il film We Want Sex , di Nigel Coles (2010). Bello di una bellezza semplice, che solo la verità fa trasparire. La storia delle operaie Ford di Davenham, “deprived” area nella Greater London degli anni ’60,
che con naturalezza e spavalderia, iniziano una impari lotta di rivendicazione del loro essere “specializzate” e fondamentali per la catena produttiva. Proseguono guidate da Rita O’Grady,( personaggio fittizio, leader di un gruppo che storicamente pare non aver avuto una guida altrettanto unitaria) mamma operaia nel pieno della bufera esistenziale di concilazione dei vari ruoli che ricopre.
Il rosso mi fa subito visualizzare il “concertone del Primo Maggio” e l’energia “sprizzante” dalle chitarre delle band, dalle voci pulite dei giovani artisti, dalle migliaia di braccia e corpi che riempiono Piazza San Giovanni. Testimonianza delle tante forme di energia che circolano in una società viva, tra le donne e gli uomini che la abitano. Che perdita non coltivarle e lasciarle nelle mani di persone violente, ignoranti, incapaci di cogliere la bellezza delle diversità e delle complementarietà.
FEMMINICIDIO.
Superlativi Fresu e Di Bonaventura nella giornata Unesco/Jazz) mi aveva messo di fronte a questa parola/concetto suscitando in me un iniziale senso di disagio. Ora capisco meglio.
Perchè si chiama Femminicidio