C. Levorato-ILPRESIDENTE E LA CAPATRENA. Anche il Linguaggio di Genere tutela i diritti delle donne.

Dal discorso alla Camera dei Deputati della Presidente del Consiglio:
“Si è fatta polemica su ‘il presidente’, ‘la presidente’, non ho mai considerato che la grandezza della libertà delle donne fosse potersi far chiamare capatrena*. Sono punti di vista, priorità diverse”. 
*termine inesistente per riferirsi ad una donna capotreno.

Ecco, la priorità di Giorgia Meloni è farsi chiamare IL PRESIDENTE, la grandezza della sua libertà come donna (anche come madre e cristiana, forse?) è farsi appellare nello stesso modo con cui sono stati appellati tutti i presidenti maschi che l’hanno preceduta nel ruolo che ora ricopre.

La sua preferenza, fortunatamente, non vieta che coloro che lo desiderano usino la forma femminile, come è corretto nella lingua italiana. Riporto la dichiarazione del maggio 2008 di Nicoletta Maraschio, prima donna eletta presidente dell’Accademia della Crusca, proprio in risposta alla domanda “come vuole essere chiamata?”

“Essere la presidente è una buona soluzione, favorita da forme analoghe di grande diffusione, anche se non del tutto sovrapponibili, come la preside, la cantante, e per di più in diretta continuità, per quanto mi riguarda, con il titolo la vicepresidente che ho avuto a lungo. La lingua italiana consente, in questo caso, una soluzione semplice e per così dire trasparente e naturale di un problema, quello del riassestamento maschile-femminile nei nomi professionali; bastano infatti l’articolo (maschile o femminile) e l’eventuale accordo (una presidente impegnata / un presidente impegnato) a definire, insieme, il genere e la funzione. Simile il caso dei nomi in -ista (da ciclista a giornalista) non a caso sempre più diffusi perché hanno il vantaggio di fare sistema coi nomi in -ismo e di essere presenti in molte lingue”.

La scelta di Giorgia Meloni è indicativa di un atteggiamento, è una presa di posizione esplicita, che vuole ristabilire una chiara gerarchia. Perché rifiutare una funzione declinata al femminile, dopo che da anni ci siamo abituate/i al (criticatissimo) ministra (si diceva: “perché suona male”) o sindaca (si diceva: “allora perché non diciamo ‘dentisto?”)? Forse per prendere le distanze dalle donne che orgogliosamente hanno usato la forma femminile, e che lo hanno fatto anche per rivendicare il nostro diritto  a ricoprire qualunque ruolo. Mala tempora currunt.

Però c’è anche una buona notizia, e ci riguarda da vicino: il Comune di Padova si è dotato di Linee Guida per il Linguaggio di Genere ad uso del personale dell’amministrazione comunale. Nel 2022 ho partecipato ad un gruppo di lavoro con Costanza Padova e Caterina Suitner, la quale ha lavorato anche per le linee guida dell’Università di Padova. Lo scopo che il Comune di Padova ha condiviso col gruppo di lavoro era

“da un lato rappresentare efficacemente la realtà sociale, che vede una crescente presenza delle donne in ambiti pubblici e in posizioni di alto status; dall’altro contribuire a ridurre le forme di discriminazione e segregazione di genere ancora presenti nella nostra società, tramite un linguaggio rispettoso e rappresentativo delle differenze di genere. Infatti tramite la lingua, più o meno consapevolmente, possiamo veicolare e rinforzare stereotipi, asimmetrie e pregiudizi, ma anche trasmettere rispetto per le differenze e inclusività” (Linee guida per il linguaggio di genere nel comune di Padova, 2022).

E’ stato prodotto un fascicolo che spiega i modi in cui il linguaggio contribuisce alla discriminazione di genere e genera forme di sessismo; inoltre indica quali strategie adottare a livello grammaticale e a livello semantico per evitare di veicolare stereotipi di genere. Infine, allo scopo di dimostrare come l’adozione del linguaggio di genere faccia un servizio alla crescita sociale e civile della comunità, nel rispetto delle regole della lingua italiana fornisce un ampio ventaglio di esempi di riscrittura di testi adottati attualmente dal comune di Padova per rivolgersi alle cittadine e ai cittadini (bandi, moduli, etc.) o in documenti ad uso interno dell’amministrazione.
Ne riporto un paio.
Testo in uso prima delle linee guida:
REQUISITO DELLA CITTADINANZA ITALIANA. Sono equiparati ai cittadini italiani gli italiani non appartenenti alla Repubblica e i cittadini della Repubblica di San Marino…..
Testo che adotta le linee guida:
REQUISITO DELLA CITTADINANZA ITALIANA. Le persone italiane non appartenenti alla Repubblica e le persone con cittadinanza della Repubblica di San Marino

Un altro esempio:
Testo in uso: Allegare copia del documento di identità del delegante e del delegato.
Testo che adotta le linee guida: Allegare copia del documento di identità della persona delegante e della persona delegata.

Spero di fare una cosa utile proponendo una lista di parole frequenti nei testi del Comune riportando accanto alla forma maschile, quella femminile e, ove possibile, una espressione neutra riguardo al genere.

  • amministratore; amministratrice; l’amministrazione / chi amministra
  • assessore; assessora; l’assessorato
  • beneficiario; beneficiaria; la persona che beneficia / chi beneficia
  • candidato; candidata; la persona candidata / chi ha presentato la propria candidatura
  • cittadino; cittadina; la cittadinanza / la comunità cittadina senza
  • redattore; redattrice; la Redazione
  • il responsabile; la responsabile; chi ricopre il ruolo di responsabile
  • revisore; revisora
  • segretario; segretaria; la Segreteria
  • il titolare; la titolare; chi è titolare di…

Chiara Levorato (In NEWSLETTER n.33-31 Ottobre2022Casa delle Donne Padova)