Per tutta la mia vita professionale di docente di Lingua e Letteratura Inglese ho alimentato il mito Anglosassone, pur evidenziandone spesso le criticità. Quando il professor Hobday, lettore d’Inglese, descriveva il sistema delle classi nel Regno Unito, disseminando il suo discorso di un “lieve” sarcasmo, io sorridevo e annuivo. Gli studenti spesso non coglievano pienamente la vera essenza della  folle gerarchia  di “cittadinanza”, all’interno di una piramide svettante verso il cielo: dalla famiglia di provenienza più “pura” alla più “inquinata”. English con English (tralasciamo le classi sociali di provenienza…)British con British, (con English, con Welsh o Scottish) British con European, British con Non-European, English con French…e così via. 

vai dove ti porta il cuore-a Londra

 

E tuttavia, nonostante tutto, milioni di giovani hanno in comune un unico grande sogno: il viaggio a Londra e possibilmente, un soggiorno prolungato nel favoloso mondo Britannico per studiare, lavorare, vivere e divertirsi. Ragazzi coraggiosi, amanti dell’esplorazione culturale e delle sfide della modernità, forti dell’entusiasmo della loro gioventù, partono verso l’isola magica.

Cominciano a lavorare, mettono su famiglia, magari con Nativi o con Europei o con connazionali o con Africani, Asiatici, Giapponesi, Cinesi etc. Lavorano per il paese che ormai considerano casa loro, ne apprezzano l’apparente accoglienza, libertà, sostegno. I bambini crescono e vanno a scuola. 

Poi, pian piano le prime crepe appaiono. Tipo il modulo che circola nelle scuole primarie dove si chiede la provenienza geografica, l’origine etnica, fino ad arrivare alla distorsione patologica dell’Italiano-Italiano e dell’Italiano-Napoletano. Refuso burocratico dicono, subito cancellato su segnalazione sdegnata degli Italiani  tout court. L’approssimazione fa parte anche del mondo anglosassone! Infatti, capita spesso di scontrarsi con funzionari incompetenti, stanchi, demotivati che riciclano documenti obsoleti, inutili e spesso dannosi.

 

brexit

E arriviamo al Referendum Brexit del 2016, in piena angoscia da terrorismo e immigrazione fuori controllo (storia non nuova in UK). Precipita tutto. Milioni di Britannici, spaventati soprattutto per  il loro portafoglio, tornano all’antica ossessione: l’ insularità fortificata. E allora, tutti fuori. Prima NOI  e poi  tutti gli altri, anche se gli altri  contribuiscono  al PIL in modo  sostanzioso.

Chi si era sentito fino a quel momento Europeo-Britannico, inclusi i Britannici che vivono ormai in Europa da tanti anni, ora è in un limbo paradossale. L’aspetto più vergognoso, persino in un mondo di progressiva esclusione dai diritti, è l’essere diventati “merce di scambio” nella trattativa Brexit; è il sentirsi  improvvisamente  diversi dai colleghi con cui si condividono affanni e soddisfazioni sul posto di lavoro; è la consapevolezza che anche i  figli sono diventati diversi rispetto ai compagni di scuola con cui condividono  le ansie e le gioie dei giochi e della crescita.

Accade anche da noi in Italia che  i “cittadini” di seconda generazione, ormai maggiorenni,  non vedano riconosciuti i loro diritti di cittadinanza. Italiani brillanti, colti, pieni di energie esplosive che potrebbero essere la ricchezza del nostro paese. Ma noi siamo ancora poco esperti di accoglienza, anche se potremmo imparare in fretta, anzi dobbiamo farlo, subito!

Il Regno Unito no.  Il Regno Unito  ha sperimentato negli anni percorsi virtuosi di integrazione ed ha accresciuto la sua ricchezza materiale e culturale grazie ai milioni di nuovi cittadini provenienti da tutto il mondo, attirati dal MITO. E allora perché questa involuzione?

brexit

E arriviamo al 2017. Elezioni generali di Giugno. La botta presa dai conservatori di Theresa May e l’entusiasmante rimonta dei Laburisti di Jeremy Corbyn riaccendono le speranze. Il tanto disprezzato Vecchio Rosso è tornato ad infiammare gli animi dei giovani, a far riecheggiare nelle strade del Regno Unito, e di un’Europa che della sinistra ha fatto scempio, concetti ormai accantonati dai falsi progressisti: Uguaglianza, Giustizia, Libertà, Equità sociale, Rispetto, Voglia di esserci e lottare per i propri diritti.

Eppure rimane una profonda amarezza nella voce dei nostri figli nel Regno Unito:

“siamo improvvisamente diventati,  “Merce di scambio”.

Alla loro delusione, che tuttavia non li  frena dal continuare a vivere la loro vita pienamente,  noi rispondiamo con un No. E ci mettiamo in movimento perché il nostro Governo, il nostro Presidente della Repubblica, i nostri politici  in Europa,  i nostri “Intellettuali” i nostri giornali, i nostri studenti si facciano sentire con coloro che tratteranno Brexit.

Sembra che  il primo imprescindibile punto del protocollo d’intesa sia  proprio la soluzione della questione Britannici in Europa ed Europei nel Regno Unito. Ma non ci bastano i “sembra” e le “intenzioni”. Dobbiamo far sentire la nostra voce, forte e chiara,  perché questo sia davvero il primo punto da risolvere, poi viene l’economia e il resto. Prima di tutto  vengono le persone.